sabato 1 agosto 2009

L'AMORE AL TEMPO DI FACEBOOK



Navigavo a vista quella sera, una sola certezza nel mare in tempesta dei miei pensieri era lei e solo lei e nient'altro che lei. Non era un ossessione ma una concreta aspettativa di vedere Anna quella fredda era d'inverno arrivare in scooter, come al solito in ritardo, salutarmi dal semaforo con sguardo beffardo e subito dopo parcheggiare sotto la pensilina della stazione di Santa Maria Novella a Firenze. Era un piacere avvicinarmi e vedere i suoi occhi, il suo sorriso, la sua bella bocca. Sapevo che quella sera sarebbe stato l'ultimo incontro con chi da circa un mese mi aveva dato la felicità, aperto una piccola fessura nel mio cuore inaridito da continue attese disattese, da speranze svanite in un addio o semplicemente in un telefono staccato. Lei invece esisteva era lì davanti a me. La vita a volte, anzi spesso, pone una persona di fronte ad un bivio e ci obbliga a fare delle scelte precise che mettono in gioco il tuo futuro, sai che dietro a quelle decisioni sta il cosiddetto avvenire che tutti inseguono nella speranza di una realizzazione di vita. Non sono mai stato un buon inseguitore. Proprio una settimana prima di uscire la prima volta con Anna mi era arrivata la notizia che avevo vinto una borsa di studio di sei mesi per un tirocinio giornalistico presso la sede delle Nazioni Unite a New York. Una botta di culo che, come si suol dire, ti capita una volta nella vita. Io piccolo giornalista pubblicista italiano sfruttato e bistrattato in patria per qualche mese tra i grandi del pianeta a cercare di capire, intuire, comprendere come vanno veramente le cose nel mondo e naturalmente a costruirmi un futuro. Mi sentivo un mito. Fu, infatti, uno dei primi discorsi che tirai fuori la sera del primo appuntamento con Anna, alle 10 in piazza Santa Croce di fronte la statua di Dante; arrivò con mezz'ora di ritardo e capii subito che la puntualità non era per niente il suo forte. Fu il primo di tanti piacevoli ritardi. Anna la conobbi una sera in un pub, quando reduce da una cena decisi di fermarmi in quel locale per salutare un mio amico. Lo confesso, quella sera ero piuttosto sbronzo e quando mi venne presentata la mia prima preoccupazione era stata quella di non dire troppe cavolate. Mi colpì subito la sua bella bocca e il suo sorriso ed il modo austero ma allo stesso tempo semplice di porsi. Stette poco perché il giorno dopo avrebbe dovuto lavorare allo studio veterinario dove svolgeva il tirocinio post laurea. Nonostante le mie precarie condizioni quel volto mi rimase impresso e il giorno dopo decisi di avvalermi, per cercarla, del più moderno e popolare mezzo di auto - esibizionismo attualmente in circolazione, cioè facebook. Decisi di cercare tra i contatti del mio amico e con un po' di fortuna la trovai. Le chiesi l'amicizia ed accettò. Il dialogo virtuale tra me e lei iniziò la sera stessa quando vidi che era nella chat. La contattai immediatamente. Non sapendo effettivamente che dire le chiesi, facendo il finto tonto, se era veramente lei visto che casualmente avevo notato la sua foto tra i contatti del mio amico . Mi smontò in due secondi dicendo che potevo pensarlo meglio l'approccio. Dopo una settimana di trattative ottenni il suo numero di telefono, dopo due il primo appuntamento. Non capivo se se la tirava, aveva il ragazzo o era semplicemente il suo carattere attendista, ma quell'uscita me la fece sudare. La sera del primo appuntamento andò bene, si parlò a lungo delle nostre vite, scoprii una ragazza dolce e in gamba che si batteva dignitosamente in un mondo, nel quale noi viviamo, cinico e pieno di ostacoli che in gergo si chiamano precariato e sfruttamento. Trovai in lei molte affinità mentali e caratteriali anche se notai un certo egocentrismo e narcisismo nel suo modo di essere, ma non sempre queste caratteristiche sono per forza negative, dipende da come si usano pensai. A non rendere perfetta quella sera mancò solo l'approccio, l'unico atto tattile che riuscii a chiedergli è stato quello di accarezzare i suoi capelli ondulati, colorati di un rosso ennè accattivante e sensuale. Per il resto mi trattenni a causa di un oscuro disegno mentale che mi ero fatto che consisteva nel convincimento che il momento giusto per baciare una ragazza fosse al terzo appuntamento. La seconda volta che uscimmo insieme è stata in occasione di una serata in pizzeria assieme ai nostri amici in comune. Lei arrivò in ritardo, quella volta ebbi la conferma dagli altri che era una sua consuetudine. Con una certa sorpresa vidi che non mi considerò molto, feci altrettanto dando più spazio agli altri, alla fine verso le 10 ci si congedò ed andai a casa. Arrivato nel mio appartamento, mi resi conto che ero leggermente febbricitante, accesi come d'abitudine il computer e mi collegai su facebook, Anna era lì. Fu lei a contattarmi chiedendomi se avevo voglia di prendere una birra. Non ci pensai su due volte, pazienza per la febbre, mi rivestii e corsi come un pazzo in scooter in
direzione di piazza Beccaria luogo dell'appuntamento. La serata scorse piacevole anche se alla fine non fu molto esaltante. Era quindi arrivato il momento del terzo e, per la mia mente, decisivo appuntamento. Gli proposi di andare al cinema ed alcuni titoli di film, me li bocciò tutti, ne propose uno lei ambientato in 'India, accettai. Questa volta non potevo fallire. Il film sull'India alla fine risultò migliore delle aspettative, subito dopo si cercò un posto dove andare a bere qualcosa ma era troppo tardi i locali erano tutti chiusi, tranne uno. Si trattava di un posto dove ballavano danze latino americane. Naturalmente non sapevo ballare, passammo infatti la serata a chiacchierare sino a quando un cameriere ci comunicò che erano in chiusura. Io ero già in mezza paranoia, non avevo baciato Anna. Il tragitto fu per me traumatico, a mano a mano che ci avvinavamo al posto dove avevamo parcheggiato gli scooter sentivo un battito di orologio sempre più forte, ad un tratto circa all'altezza del cinema quel battito divenne una campana. Mi fermai, lei notò la mossa si girò a quel punto la baciai. Non trattenni l'impeto e il risultato fu tutt'altro che romantico in quanto gli infilai praticamente tutta la lingua in bocca. Completamente sorpresa ed arrossita mi chiese il perché del bacio, le spiegai che era dalla prima sera che volevo farlo e la mia strana teoria del terzo appuntamento. Lei mi spiegò che se glielo avessi chiesto mi avrebbe baciato già dal primo incontro e visto che non lo avevo fatto mi aveva già inserito nella lista degli amici. Dentro di me mi sentii un cretino. Passammo due ore sui dei gradini dell'entrata di un palazzo a baciarci, il grande passo era fatto.
Ci incontrammo altre tre volte, la seconda di queste facemmo l'amore dopo una cena al ristorante ed una bevuta all'enoteca sotto casa mia. Nessuno faceva troppe domande all'altro, ma io ero felice così stavo bene assieme ad Anna. Ma il tempo inesorabile passava. Sapevo che sarei stato 6 mesi lontano da lei, ci conoscevamo da poco e non avevo il coraggio di chiedergli impegni. L'ultima sera, quella con cui ho aperto il racconto, gli regalai una piccola agenda con una dedica introduttiva e la richiesta di una promessa, quella di lasciarmi aperta una piccola porta del cuore. Lei acconsentì, le chiesi pure se voleva venirmi a trovare, rispose che ci avrebbe pensato. Quando ci si abbracciò l'ultima volta ci dicemmo un arrivederci. Il giorno dopo partii da Roma Fiumicino in direzione New York per la mia avventura americana. Dopo due mesi sono qua alla caffetteria del palazzo di vetro a scrivere questi appunti su un pezzo di carta. Anna non mi è venuta a trovare, mi disse che si era resa conte che per lei non ero importante e poco tempo dopo sciolse la sua promessa assumendosene la responsabilità. Non ho mai capito la logica di quel gesto, forse ci siamo presi troppo alla leggera, in fondo ci siamo conosciuti su facebook, ma a me quella persona mancava un casino. Il mondo che conta stava tutto attorno a me ma io con la testa non ero in quel mondo, quel mattino stavo aspettando un diplomatico iraniano per fargli un'intervista, era in ritardo. Alzai lo sguardo e immaginai il volto di Anna che dall'altra parte della sala mi fissava con la buffa espressione del viso che faceva quando sapeva di non essere puntuale. Una voce alle spalle mi riportò alla realtà, il diplomatico era arrivato, potevo iniziare la mia intervista, la vita va avanti.