martedì 22 dicembre 2009

GIORGIO ALBERTAZZI: LA FIRENZE CHE HO VISTO E LA FIRENZE CHE VORREI



“Della mia infanzia a Fiesole è rimasto praticamente tutto scolpito nella mente ed io affettivamente mi considero sempre un fiesolano, infatti, ogni volta che sono a Firenze torno volentieri a visitare i luoghi che mi hanno visto crescere come uomo e debuttare come attore.” Sono parole del Maestro Giorgio Albertazzi che con estremo piacere ricorda Fiesole ed i luoghi in cui da bambino ed in seguito da ragazzo hanno fatto da cornice alla prima parte della vita di questo straordinario artista italiano. “Io sono nato nell'agosto del 1923 a San Martino a Mensola proprio al confine tra Firenze e Fiesole, precisamente nella dependance della villa I Tatti di proprietà dell'illustre critico di storia dell'arte Bernard Berenson perché mio nonno lavorava alle sue dipendenze come maestro muratore. Venni battezzato nella chiesa di San Martino a Mensola, dal prete di allora di cui mi viene in mente solo il soprannome di 'frusta passere'. Ricordo con affetto quando nella mia famiglia si preparava il presepe nell'attesa dell'Epifania che per noi era considerata più importante del Natale. Mia nonna mascherata da Befana faceva finta di entrare dall'alto, ci diceva un discorso su come ci eravamo comportati e poi lasciava in dono i regali. Le elementari le feci alla scuola Armando Diaz di Ponte a Mensola, proprio in questa frazione il cui nome ricorda il fiume caro a Gabriele D'annunzio vi si trasferì la mia famiglia che comprò un casolare in via Madonna delle Grazie”. Sempre in questa verde e amena zona tra Fiesole e Firenze il giovane Giorgio Albertazzi ha mosso i primi passi da artista anche se a livello amatoriale, “A Settignano c'era un teatrino del 500' dove io ho debuttato, ci arrivai con degli amici di Ponte a Mensola, tra cui Franco Ferrini, dopo aver conosciuto Noris Miniati che si occupava della direzione artistica del teatro. Portammo in scena 'L'allegro Principe' di Athos Ori che considero il mio primo vero maestro. In questa occasione ho conosciuto Bianca Toccafondi che divenne mia compagna artistica e per un bellissimo periodo di tempo la mia fidanzata. Dopo il debutto di Settignano sempre con Athos Ori si mise in scena al Teatro La Pergola di Firenze la commedia di Giuseppe Giacosa, 'Come le foglie' che fu un successo il pubblico, infatti, mi riservò il mio primo applauso a scena aperta che per me fu il vero segnale di via libera per la mia carriera. Con questa compagnia si partecipò a Roma al concorso nazionale di filodrammatica vincendo la finale tra noi ed una compagnia di Bari, a me diedero il premio come miglior attor giovane”. Consacrato dal teatro amatoriale Albertazzi dovette aspettare la fine della Seconda Guerra Mondiale per la consacrazione vera e propria come attore professionista, “Era il 1949 quando al Teatro del Maggio Musicale fiorentino partecipai alla rappresentazione della commedia di Shakespeare 'Troilo e Cressida' per la regia di Luchino Visconti, con Vittorio Gasman ed il meglio del teatro italiano di allora, era un evento unico pensi che erano presenti in sala più di 140 critici di tutto il mondo. Io ero l'unico attore fiorentino, interpretavo il ruolo minore del servo di Cressida, ma per me fu un onore che segnò il mio ingresso ufficiale nel mondo del teatro dei professionisti.” Da quel debutto sono passati sessant'anni un lasso di tempo che ha visto Giorgio Albertazzi affermarsi come grande artista che però non ha mai smesso di interessarsi dei suoi luoghi d'origine e ad osservarne i cambiamenti, “Ritorno sempre volentieri a Fiesole e Firenze, ritengo il Teatro Romano e il Teatro La Pergola i miei due palcoscenici naturali dove esibirmi. In questi anni ho assistito da spettatore ai dibattiti che ci sono stati sulle scelte urbanistiche di queste due amministrazioni, credo che in questi casi ci siano sempre due schieramenti quello dei conservatori e degli innovativi. Da buon architetto mi schiero con i secondi perché sono per una città viva e non che si guarda troppo al passato come fa Firenze. Accanto a grandi monumenti eterni sono d'accordo che ci debbano essere strutture nuove, non mi piace il concetto di città museo, io per esempio rifarei piazza della Signoria con il cotto rosso e naturalmente sono favorevole al passaggio della tranvia in piazza Duomo. Il teatro insegna che il contesto va rese vivibile in modo che risulti fruibile. A Milano ci sono eventi di continuo e mai tempi morti, io ho l'impressione dell'esistenza di una forma di abbandono culturale non di presenza, si parla, infatti, sempre della Firenze di ieri. Bisogna decidersi se fare una Firenze museale o una innovativa ed affidarla per esempio a due artisti fiorentini, Franco Zeffirelli e Giorgio Albertazzi, e qui mi fermo e chiudo l'intervista”.