martedì 22 dicembre 2009

GIORGIO ALBERTAZZI: LA FIRENZE CHE HO VISTO E LA FIRENZE CHE VORREI



“Della mia infanzia a Fiesole è rimasto praticamente tutto scolpito nella mente ed io affettivamente mi considero sempre un fiesolano, infatti, ogni volta che sono a Firenze torno volentieri a visitare i luoghi che mi hanno visto crescere come uomo e debuttare come attore.” Sono parole del Maestro Giorgio Albertazzi che con estremo piacere ricorda Fiesole ed i luoghi in cui da bambino ed in seguito da ragazzo hanno fatto da cornice alla prima parte della vita di questo straordinario artista italiano. “Io sono nato nell'agosto del 1923 a San Martino a Mensola proprio al confine tra Firenze e Fiesole, precisamente nella dependance della villa I Tatti di proprietà dell'illustre critico di storia dell'arte Bernard Berenson perché mio nonno lavorava alle sue dipendenze come maestro muratore. Venni battezzato nella chiesa di San Martino a Mensola, dal prete di allora di cui mi viene in mente solo il soprannome di 'frusta passere'. Ricordo con affetto quando nella mia famiglia si preparava il presepe nell'attesa dell'Epifania che per noi era considerata più importante del Natale. Mia nonna mascherata da Befana faceva finta di entrare dall'alto, ci diceva un discorso su come ci eravamo comportati e poi lasciava in dono i regali. Le elementari le feci alla scuola Armando Diaz di Ponte a Mensola, proprio in questa frazione il cui nome ricorda il fiume caro a Gabriele D'annunzio vi si trasferì la mia famiglia che comprò un casolare in via Madonna delle Grazie”. Sempre in questa verde e amena zona tra Fiesole e Firenze il giovane Giorgio Albertazzi ha mosso i primi passi da artista anche se a livello amatoriale, “A Settignano c'era un teatrino del 500' dove io ho debuttato, ci arrivai con degli amici di Ponte a Mensola, tra cui Franco Ferrini, dopo aver conosciuto Noris Miniati che si occupava della direzione artistica del teatro. Portammo in scena 'L'allegro Principe' di Athos Ori che considero il mio primo vero maestro. In questa occasione ho conosciuto Bianca Toccafondi che divenne mia compagna artistica e per un bellissimo periodo di tempo la mia fidanzata. Dopo il debutto di Settignano sempre con Athos Ori si mise in scena al Teatro La Pergola di Firenze la commedia di Giuseppe Giacosa, 'Come le foglie' che fu un successo il pubblico, infatti, mi riservò il mio primo applauso a scena aperta che per me fu il vero segnale di via libera per la mia carriera. Con questa compagnia si partecipò a Roma al concorso nazionale di filodrammatica vincendo la finale tra noi ed una compagnia di Bari, a me diedero il premio come miglior attor giovane”. Consacrato dal teatro amatoriale Albertazzi dovette aspettare la fine della Seconda Guerra Mondiale per la consacrazione vera e propria come attore professionista, “Era il 1949 quando al Teatro del Maggio Musicale fiorentino partecipai alla rappresentazione della commedia di Shakespeare 'Troilo e Cressida' per la regia di Luchino Visconti, con Vittorio Gasman ed il meglio del teatro italiano di allora, era un evento unico pensi che erano presenti in sala più di 140 critici di tutto il mondo. Io ero l'unico attore fiorentino, interpretavo il ruolo minore del servo di Cressida, ma per me fu un onore che segnò il mio ingresso ufficiale nel mondo del teatro dei professionisti.” Da quel debutto sono passati sessant'anni un lasso di tempo che ha visto Giorgio Albertazzi affermarsi come grande artista che però non ha mai smesso di interessarsi dei suoi luoghi d'origine e ad osservarne i cambiamenti, “Ritorno sempre volentieri a Fiesole e Firenze, ritengo il Teatro Romano e il Teatro La Pergola i miei due palcoscenici naturali dove esibirmi. In questi anni ho assistito da spettatore ai dibattiti che ci sono stati sulle scelte urbanistiche di queste due amministrazioni, credo che in questi casi ci siano sempre due schieramenti quello dei conservatori e degli innovativi. Da buon architetto mi schiero con i secondi perché sono per una città viva e non che si guarda troppo al passato come fa Firenze. Accanto a grandi monumenti eterni sono d'accordo che ci debbano essere strutture nuove, non mi piace il concetto di città museo, io per esempio rifarei piazza della Signoria con il cotto rosso e naturalmente sono favorevole al passaggio della tranvia in piazza Duomo. Il teatro insegna che il contesto va rese vivibile in modo che risulti fruibile. A Milano ci sono eventi di continuo e mai tempi morti, io ho l'impressione dell'esistenza di una forma di abbandono culturale non di presenza, si parla, infatti, sempre della Firenze di ieri. Bisogna decidersi se fare una Firenze museale o una innovativa ed affidarla per esempio a due artisti fiorentini, Franco Zeffirelli e Giorgio Albertazzi, e qui mi fermo e chiudo l'intervista”.

sabato 1 agosto 2009

L'AMORE AL TEMPO DI FACEBOOK



Navigavo a vista quella sera, una sola certezza nel mare in tempesta dei miei pensieri era lei e solo lei e nient'altro che lei. Non era un ossessione ma una concreta aspettativa di vedere Anna quella fredda era d'inverno arrivare in scooter, come al solito in ritardo, salutarmi dal semaforo con sguardo beffardo e subito dopo parcheggiare sotto la pensilina della stazione di Santa Maria Novella a Firenze. Era un piacere avvicinarmi e vedere i suoi occhi, il suo sorriso, la sua bella bocca. Sapevo che quella sera sarebbe stato l'ultimo incontro con chi da circa un mese mi aveva dato la felicità, aperto una piccola fessura nel mio cuore inaridito da continue attese disattese, da speranze svanite in un addio o semplicemente in un telefono staccato. Lei invece esisteva era lì davanti a me. La vita a volte, anzi spesso, pone una persona di fronte ad un bivio e ci obbliga a fare delle scelte precise che mettono in gioco il tuo futuro, sai che dietro a quelle decisioni sta il cosiddetto avvenire che tutti inseguono nella speranza di una realizzazione di vita. Non sono mai stato un buon inseguitore. Proprio una settimana prima di uscire la prima volta con Anna mi era arrivata la notizia che avevo vinto una borsa di studio di sei mesi per un tirocinio giornalistico presso la sede delle Nazioni Unite a New York. Una botta di culo che, come si suol dire, ti capita una volta nella vita. Io piccolo giornalista pubblicista italiano sfruttato e bistrattato in patria per qualche mese tra i grandi del pianeta a cercare di capire, intuire, comprendere come vanno veramente le cose nel mondo e naturalmente a costruirmi un futuro. Mi sentivo un mito. Fu, infatti, uno dei primi discorsi che tirai fuori la sera del primo appuntamento con Anna, alle 10 in piazza Santa Croce di fronte la statua di Dante; arrivò con mezz'ora di ritardo e capii subito che la puntualità non era per niente il suo forte. Fu il primo di tanti piacevoli ritardi. Anna la conobbi una sera in un pub, quando reduce da una cena decisi di fermarmi in quel locale per salutare un mio amico. Lo confesso, quella sera ero piuttosto sbronzo e quando mi venne presentata la mia prima preoccupazione era stata quella di non dire troppe cavolate. Mi colpì subito la sua bella bocca e il suo sorriso ed il modo austero ma allo stesso tempo semplice di porsi. Stette poco perché il giorno dopo avrebbe dovuto lavorare allo studio veterinario dove svolgeva il tirocinio post laurea. Nonostante le mie precarie condizioni quel volto mi rimase impresso e il giorno dopo decisi di avvalermi, per cercarla, del più moderno e popolare mezzo di auto - esibizionismo attualmente in circolazione, cioè facebook. Decisi di cercare tra i contatti del mio amico e con un po' di fortuna la trovai. Le chiesi l'amicizia ed accettò. Il dialogo virtuale tra me e lei iniziò la sera stessa quando vidi che era nella chat. La contattai immediatamente. Non sapendo effettivamente che dire le chiesi, facendo il finto tonto, se era veramente lei visto che casualmente avevo notato la sua foto tra i contatti del mio amico . Mi smontò in due secondi dicendo che potevo pensarlo meglio l'approccio. Dopo una settimana di trattative ottenni il suo numero di telefono, dopo due il primo appuntamento. Non capivo se se la tirava, aveva il ragazzo o era semplicemente il suo carattere attendista, ma quell'uscita me la fece sudare. La sera del primo appuntamento andò bene, si parlò a lungo delle nostre vite, scoprii una ragazza dolce e in gamba che si batteva dignitosamente in un mondo, nel quale noi viviamo, cinico e pieno di ostacoli che in gergo si chiamano precariato e sfruttamento. Trovai in lei molte affinità mentali e caratteriali anche se notai un certo egocentrismo e narcisismo nel suo modo di essere, ma non sempre queste caratteristiche sono per forza negative, dipende da come si usano pensai. A non rendere perfetta quella sera mancò solo l'approccio, l'unico atto tattile che riuscii a chiedergli è stato quello di accarezzare i suoi capelli ondulati, colorati di un rosso ennè accattivante e sensuale. Per il resto mi trattenni a causa di un oscuro disegno mentale che mi ero fatto che consisteva nel convincimento che il momento giusto per baciare una ragazza fosse al terzo appuntamento. La seconda volta che uscimmo insieme è stata in occasione di una serata in pizzeria assieme ai nostri amici in comune. Lei arrivò in ritardo, quella volta ebbi la conferma dagli altri che era una sua consuetudine. Con una certa sorpresa vidi che non mi considerò molto, feci altrettanto dando più spazio agli altri, alla fine verso le 10 ci si congedò ed andai a casa. Arrivato nel mio appartamento, mi resi conto che ero leggermente febbricitante, accesi come d'abitudine il computer e mi collegai su facebook, Anna era lì. Fu lei a contattarmi chiedendomi se avevo voglia di prendere una birra. Non ci pensai su due volte, pazienza per la febbre, mi rivestii e corsi come un pazzo in scooter in
direzione di piazza Beccaria luogo dell'appuntamento. La serata scorse piacevole anche se alla fine non fu molto esaltante. Era quindi arrivato il momento del terzo e, per la mia mente, decisivo appuntamento. Gli proposi di andare al cinema ed alcuni titoli di film, me li bocciò tutti, ne propose uno lei ambientato in 'India, accettai. Questa volta non potevo fallire. Il film sull'India alla fine risultò migliore delle aspettative, subito dopo si cercò un posto dove andare a bere qualcosa ma era troppo tardi i locali erano tutti chiusi, tranne uno. Si trattava di un posto dove ballavano danze latino americane. Naturalmente non sapevo ballare, passammo infatti la serata a chiacchierare sino a quando un cameriere ci comunicò che erano in chiusura. Io ero già in mezza paranoia, non avevo baciato Anna. Il tragitto fu per me traumatico, a mano a mano che ci avvinavamo al posto dove avevamo parcheggiato gli scooter sentivo un battito di orologio sempre più forte, ad un tratto circa all'altezza del cinema quel battito divenne una campana. Mi fermai, lei notò la mossa si girò a quel punto la baciai. Non trattenni l'impeto e il risultato fu tutt'altro che romantico in quanto gli infilai praticamente tutta la lingua in bocca. Completamente sorpresa ed arrossita mi chiese il perché del bacio, le spiegai che era dalla prima sera che volevo farlo e la mia strana teoria del terzo appuntamento. Lei mi spiegò che se glielo avessi chiesto mi avrebbe baciato già dal primo incontro e visto che non lo avevo fatto mi aveva già inserito nella lista degli amici. Dentro di me mi sentii un cretino. Passammo due ore sui dei gradini dell'entrata di un palazzo a baciarci, il grande passo era fatto.
Ci incontrammo altre tre volte, la seconda di queste facemmo l'amore dopo una cena al ristorante ed una bevuta all'enoteca sotto casa mia. Nessuno faceva troppe domande all'altro, ma io ero felice così stavo bene assieme ad Anna. Ma il tempo inesorabile passava. Sapevo che sarei stato 6 mesi lontano da lei, ci conoscevamo da poco e non avevo il coraggio di chiedergli impegni. L'ultima sera, quella con cui ho aperto il racconto, gli regalai una piccola agenda con una dedica introduttiva e la richiesta di una promessa, quella di lasciarmi aperta una piccola porta del cuore. Lei acconsentì, le chiesi pure se voleva venirmi a trovare, rispose che ci avrebbe pensato. Quando ci si abbracciò l'ultima volta ci dicemmo un arrivederci. Il giorno dopo partii da Roma Fiumicino in direzione New York per la mia avventura americana. Dopo due mesi sono qua alla caffetteria del palazzo di vetro a scrivere questi appunti su un pezzo di carta. Anna non mi è venuta a trovare, mi disse che si era resa conte che per lei non ero importante e poco tempo dopo sciolse la sua promessa assumendosene la responsabilità. Non ho mai capito la logica di quel gesto, forse ci siamo presi troppo alla leggera, in fondo ci siamo conosciuti su facebook, ma a me quella persona mancava un casino. Il mondo che conta stava tutto attorno a me ma io con la testa non ero in quel mondo, quel mattino stavo aspettando un diplomatico iraniano per fargli un'intervista, era in ritardo. Alzai lo sguardo e immaginai il volto di Anna che dall'altra parte della sala mi fissava con la buffa espressione del viso che faceva quando sapeva di non essere puntuale. Una voce alle spalle mi riportò alla realtà, il diplomatico era arrivato, potevo iniziare la mia intervista, la vita va avanti.

lunedì 13 luglio 2009

lunedì 22 giugno 2009

VIAGGIO NEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI NATZWEILER-STRUTHOF



















Natzweiler-Struthof (in lingua tedesca: Konzentrationslager Natzweiler) è stato, durante la Seconda guerra mondiale, il solo campo di concentramento costruito in terra francese (anche se l'Alsazia allora era stata unita al III Reich) ed è situato presso il villaggio di Natzwiller, immerso tra i monti Vosgi a 800 metri di altezza, a circa 50 chilometri a sud-ovest di Strasburgo. Il campo è stato attivo dal 21 maggio 1941 sino al settembre 1944, quando i soldati delle SS in fuga evacuarono il campo, che venne liberato dalle forze americane il 23 novembre 1944. In totale vennero internati circa 40.000 persone, provenienti dalla Polonia, dall'Urss, dai Paesi Bassi, Francia, Germania, Norvegia. Era essensizalmente un campo di lavoro formato da 17 baracche in legno, una cucina, il crematorio, con un alto camino. A circa un chilometro e mezzo di distanza nella strada verso Schirmeck era situata la camera a gas. I deportati dovevano eseguire lavori stradali ed erano impiegati negli stabilimenti industriali nelle vicinanze. In totale si stima che siano state circa 25.000 le persone morte a Natzweiler-Struthof, tra le quali anche quattro donne fucilate il 6 luglio 1944. Nonostante la popolazione femminile del campo fosse esigua, solamente 7 donne delle SS servirono al campo principale (su un totale di 600 guardie), e altre quindici nel sistema dei sottocampi. Il campo fu anche teatro di crudeli esperimenti su esseri umani, sia vivi che morti, ad opera dei prof. Hirt, Haagen e Bikenbach dell' Università di Strasburgo.

lunedì 1 giugno 2009

GENERALMENTE SONO DI PICCOLA STATURA E DI PELLE SCURA


“Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura.Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane.Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti.Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti.Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro .I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali.”

“Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare.Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il salario.Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia.
Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più.La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione”.

Ottobre 1912.
Dalla relazione dell’ Ispettorato per l’ immigrazione del Congresso degli Stati Uniti sugli immigrati italiani

giovedì 28 maggio 2009

SPECIALE ELEZIONI EUROPEE 2009: COS'E' IL PARLAMENTO EUROPEO?







Il Parlamento Europeo è l'assemblea, eletta a suffragio diretto dal 1979, che riunisce i deputati dei 27 membri dell'Unione europea, in rappresentanza di 492 milioni di cittadini europei. E' composto da 750 membri (prima 785) di cui 72 italiani (prima 78) viene eletto ogni 5 anni ed ha 3 sedi ufficiali di lavoro: Bruxelles, Lussemburo e Strasburgo. A Lussembugo ha sede il Presidente, il segretariato generale ed i traduttori; ha Bruxelles ci sono le sedi dei gruppi politici e si riuniscono le commissioni parlamentari con il compito di preparare gli atti ed i documenti; a Strasburgo avvengono, mediamente una settimana al mese, le sedute plenarie dove vengo discussi e votati tutti i documenti presentati. Strasburgo é stata scelta come sede del Parlamento Europeo in quanto 'ciità simbolo' dell'Europa, in Alsazia terra di confine tra Francia e Germania dove si sono combattute per anni guerre sanguinose tra questi due stati. Questo lugo vuole simboleggiare la volontà dei popoli europei di non farsi più la guerra ma di mettersi insieme per un futuro comune di prosperità e di pace. Altro significato della sede di Strasburgo è la presenza del Consiglio d'Europa, il piu' natico (60 anni) organo continentale che in questo momento conta praticamente tutti gli stati europei (42), obbiettivo simbolico della Ue è arrivare in futuro ad avere tanti stati quanto il Consiglio d'Europa.



I poteri del Parlamento Europeo: al contrario di quanto si sente spesso dire in Italia il Parlamento Europeo con gli anni ha aquisito un ruolo e poteri sempre più ampi. Si pensi che il 60% delle leggi che vengono approvate a livello nazionale hanno una proveninza comunitaria, questo vuol dire che il 'fattore europa' è qualcosa di sempre più ineludibile nella nostra vita quotidiana anche se non ce ne accorgiamo, un po' per una certa incapacità delle istituzioni europee di comunicare, un po' perchè i vari Parlamenti e Governi nazionali non hanno interesse a far conoscere la reale situazione. 1) Potere legislativo: nella procedura legislativa ordinaria, su un piano di parità, PE e Consiglio dei ministri approvano congiuntamente la legislazione proposta dalla Commissione. Il consenso finale del PE è pertanto indispensabile. Il Parlamento non ha potere d'iniziativa legislativa che spetta alla Commissione, pero' puo' richiedere alla stessa di presentare proposte legislative mediante raccomandazioni dettagliate. 2) Potere di bilancio: il Pe e il Consiglio approvano congiuntamente il bilancio, in pratica condividono gli stessi poteri. Il Pe fissa le priorità politiche, ed ogni anno a dicembre stabilsce il bilancio per l'anno successivo. 3) Potere di controllo democratico: detto controllo puo' essere esercitato su tutta l'attività comunitaria. In particolare puo' costituire commissioni temporanee di inchiesta. 3) Potere di fiducia e di pressione sulla Commissione: il Pe una volta ratificata la nomina del Presidente della Commissione, tiene un audizione con i Commissari designati e decidere se concedere o meno la fiducia alla Commissione nel suo insieme. Come avvenne nel famoso 'caso Buttiglione' del 2004 il Parlamento Europeo ha invitato il presidente Barroso a procedere alla sostituzione del Commissario italiano, giudicato non adatto al ruolo a seguito di alcune sue dichiarazioni non condivise dalla maggioranza del Parlamento. Barroso aderi' alle osservazioni sostituendo il Commissario italiano. A tal potere si affianca quello di Censura alla Commissione, per questo atto é necessario la maggioranza assoluta dei deputati e i due terzi dei voti espressi, nel qual caso la Commissione sarebbe costretta a dimettersi in blocco. Questo potere non è stato mai esercitato fino ora, nonostante costituisca un notevole strumento di pressione.



martedì 26 maggio 2009

LA RAGAZZA DELL' AUTOBUS


Viaggiavo quel mattino, come ogni solito mattino, a bordo del bus numero 57 diretto al polo delle scienze sociali di Novoli a Firenze, tutto attorno a me un vociare insistente di studenti, anziane signore e ragazzi di colore che si recavano davanti alle facoltà per cercare di vendere libri di poesie africane. Mi pare un giorno di avergliene comprato uno ma sono sicuro di non averlo mai letto. Magari ho fatto male, ma in ogni caso non l'ho fatto. In realtà di letture in vita mia ne ho fatte veramente poche, solitamente mi tengo informato con i giornali free press che tutti i giorni mi rifilano per strada. I bus sono diventati oramai lo specchio delle differenze di classe, al loro interno vi si trovano persone che per una ragione o per l'altra non possono permettersi una macchina propria e che perciò loro malgrado scelgono il mezzo pubblico. Inconsapevoli protettori della qualità dell'aria cittadina, invece di essere premiati, sono costretti a stare appiccicati come sardine l'uno contro l'altro. La mattina in questione oltre al solito ingorgo quotidiano ci si mise pure un fitto acquazzone che come da copione, in questi casi, bloccò il traffico rendendo il viaggio più lento e logorroico del solito. Affianco a me vi era seduta un'anziana signora vestita con un cappottone rosso natalizio ed i capelli cotonati color argento; mi era saltata all'occhio perché aveva fatto una partaccia ad uno studente che non le aveva lasciato prontamente il posto a sedere. Con la sicurezza di chi sa di aver comunque ragione e la ghigna di chi vuole per forza rompere i coglioni l'impavida nonnina iniziò a inveire, con un accento marcatamente fiorentino, contro lo sventurato studente che dopo una timido cenno di reazione si alzò scocciato allontanandosi in direzione dell'uscita. Subito dopo questa scena grottesca vidi una piccola mano infilarsi nel giacca rosso natalizia della vecchia e da lì estrarvi il borsello. Il gesto fu rapido e sicuro tanto da non darmi al momento nemmeno la certezza che fosse avvenuto. Allungai la testa e vidi due bellissimi occhi azzurri che incrociarono il mio sguardo e che sparirono in un lampo in coincidenza della fermata. Preso dal panico sul da farsi afferrai lo zaino e, strattonando due o tre persone prima di me, riuscii ad uscire dal mezzo e vidi la ragazza dirigersi nel parchetto attiguo alla fermata. La seguii, la pioggia fitta aveva reso i viali del parco un pantano che non risparmiò i miei pantaloni e le mie povere scarpe che divennero rapidamente marroni. La figura femminile ad un tratto si voltò nella mia direzione, vidi per la seconda volta gli splendidi occhi azzurri dell'autobus, accortasi della mia presenza iniziò a correre, io per risposta feci altrettanto. Non sono mai stato un buon atleta, anzi non sono mai stato un'atleta, a scuola avevo sempre avuto un seino ad educazione fisica, e in quell'occasione meritavo anche qualcosa di meno, infatti, dopo pochi minuti mi prese l'affanno ma soprattutto inciampai su un enorme pozzanghera finendoci dentro. Mi resi conto che ero nella melma ma soprattutto nella merda. Riuscii a rialzarmi, la prima cosa che mi venne in mente era se il cellulare era sempre funzionante, ma non lo trovavo doveva essere sguazzante in mezzo alla pozzanghera. Alzai lo sguardo e vidi la causa dei miei guai poco distante da me che mi fissava ridendo sotto i baffi. Tese la mano per tirarmi fuori dal pantano ed io un po' incredulo un po' incazzato allungai il braccio e con un po' di forza uscii dalla pozza. Mi disse, con accento forse slavo, che abitava qui vicino e che se volevo potevo andare ad asciugarmi da lei. Inerme e incosciente la seguii sino al suo appartamento in un seminterrato di un palazzo poco distante dal parco. Si chiamava Marzena, almeno così disse, ed era originaria di un paesino del sud della Polonia, lavorava sino a due settimane prima in una profumeria del centro di Firenze ma non gli avevano rinnovato il contratto a causa della crisi. Le chiesi un asciugamano pulito e mi infilai in bagno cercando di darmi una parvenza di decenza, quel giorno avevo da consegnare il secondo capitolo della tesi che tra l'altro era diventato un colabrodo. D'un tratto sentii il suono del mio telefonino e un sospiro di sollievo mi pervase, lo stato di felicità durò solo un secondo il tempo di accorgermi che il suono non proveniva dai miei indumenti ma da fuori del bagno. Mi affacciai di colpo e vidi Marzena che stava con il mio telefono in mano nell'intento di togliere la scheda. Incredulo ed a questo punto incazzato nero mi misi ad urlare, mi avvicinai a lei che prontamente tirò fuori di tasca uno spray al peperoncino spruzzandomelo negli occhi, caddi a terra sbattendo la testa. Di li l'oscurità, la notte, un suono familiare ed insistente, qualcosa di pesante e di umidiccio addosso. Aprii gli occhi e vidi la viscida lingua di Leo il mio cane intenta a lavarmi il viso, nel comodino la mia sveglia che suonava all'impazzata, era solo un sogno. Cazzo. Sentii la voce di mia madre che mi ricordava che dovevo andare all'università aconsegnare il secondo capitolo della tesi. Più rincoglionito che mai mi preparai per uscire di casa. Salito sull'autobus trovai un posto a sedere, non c'erano vecchietti con la ghigna attorno quindi mi misi a leggere in tranquillità il solito giornaletto. Circa a metà del tragitto il bus fece una brusca frenata , alzai gli occhi proprio nel bel mezzo dell'oroscopo. Notai per caso una piccola mano che sfilava un borsello dalla borsa di un signore di mezza età, mi alzai di colpo e vidi il volto di una ragazza con due bellissimi occhi azzurri che si incrociarono con i miei. Gridai un nome, Marzena. L'autobus si fermò la ragazza scese, io la seguii ma questa è un'altra storia.

sabato 25 aprile 2009

BUON 25 APRILE A TUTTI


Antonio Gramsci - Indifferenti



“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.

lunedì 6 aprile 2009

HELP TO ABRUZZO NOW SUBITO

8/4/2009 Un aiuto subito" - “Un aiuto subito”, an appeal on behalf of communities affected by the Abruzzo earthquake, was launched within hours of the disaster by the Corriere della Sera, Corriere.it, the Gazzetta dello Sport, Gazzetta.it and City. WHAT TO DO – Anyone wishing to make a donation to help victims in the earthquake zone can do so by bank transfer or by credit card. BANK TRANSFER: Intesa-San Paolo, ABI 3069, CAB 05061, account number 1000/144, account name: “Un aiuto subito – Terremoto dell’Abruzzo”. IBAN: IT 03 B 03069 05061 100000000144 CREDIT CARD DONATIONS (CartaSi, MasterCard, Visa, American Express) CartaSi Freephone: 800 317800 (from some mobiles, dial 12 followed by the number) Calls from abroad: +39 02 34980235. Have your credit card ready and follow the recorded instructions.
(notizia Corriere.it)

7/4/2009 ROMA - Appello dei Centri di servizio per il volontariato (Csv) di Pescara a tutti i volontari di Pescara e provincia, a contribuire nei limiti delle loro possibilità ad aiutare le popolazioni colpite dal terremoto. Le associazioni di volontariato o i singoli volontari interessati a mettersi a disposizione per l'emergenza terremoto che ha colpito l'Abruzzo possono contattare il Centro operativo della Protezione Civile presso la Prefettura di Pescara, telefonando allo 085 2057631.
(NOTIZIA ANSA)

L'Abruzzo si sta appoggiando all'Avis del Lazio, CERCANO URGENTEMENTE SANGUE DI RH 0 NEGATIVO. Per INFO 06 491340, per favore fate di questo post il vostro status.

Donazione sangue Terremoto Aquila lunedi 6 2009
Serve sangue per i terremotati dell'Aquila e le zone del terremoto circostanti ecco le informazioni necessarie

12:51 Elenco ambulatori nel Lazio dove donare il sangueElenco degli ambulatori nel Lazio dove si puiò donare il sangue.Policlinico Umberto I;ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli; ospedale Sandro Pertini; Policlinico Tor Vergata; ospedale San Giovanni Evangelista Tivoli; ospedale Delfino Parodi Colleferro; San Giovanni Addolorata; Cto; ospedale S. Eugenio; ospedale civile di Velletri; ospedale civile di Frascati; ospedale civile di Anzio/Nettuno; San Camillo Forlanini; ospedale Grassi di Ostia;ospedale Pediatrico Bambino Gesù;I.F.OSan Filippo Neri; ospedale S. Andrea; ospedale San Pietro FBF; ospedale S. Spirito;ospedale civile San Paolo di Civitavecchia;policlinico Gemelli; ospedale degli Infermi di Viterbo; ospedale Civile di Rieti; centro trasfusionale di Frosinone; ospedale S.S. Trinità di Sora;ospedale S.M. Goretti di Latina; presidio ospedaliero di Formia

Per offrire disponibilità di alloggio: l’UDU sta cercando posti letto telefonare allo 06.43411763 o scrivere a organizzazione@udu.itPer volontari da tutta Italia: telefonare alla protezione civile nazionale 06.68201Per volontari da Pescara: telefonare al Centro operativo della Protezione Civile presso la Prefettura di Pescara 085.2057627 Per donare il sangue in Abruzzo: rivolgersi presso gli ospedali, per Pescara: Dipartimento di Medicina Trasfusionale PO “Spirito Santo” via Fonte Romana 8 – tel. 085.4252687 Per donare il sangue dal tutta Italia: rivolgersi presso le strutture dell’Avis più vicine: http://www.avis.it/usr_view.php/ID=1545Per fare donazioni: Raccolta fondi Croce Rossa Italiana: Conto corrente bancario C/C n. 218020 presso BNL - roma, intestato a CRI, codice Iban IT66 - C010 0503 3820 0000 0218020, causale: pro terremoto Abruzzo; Conto corrente postale n. 300004 intestato a CRI causale: pro terremoto Abruzzo;Versamenti on line sul sito: www.cri.it/donazioni.htmlPer enti locali e associazioni di volontariato, comitati, gruppi organizzati: è possibile attivarsi da subito con i corpi locali di protezione civile, con la associazioni prendendo contatti con i coordinamenti regionali, c’è bisogno di medici, tende, coperte, cibo e supporto logistico. Per informarsi: Dipartimento della Protezione Civile 06.68201


CHIAMATE AL 06/68201 è LA PROTEZIONE CIVILECHIEDETE ALL AVIS PER LE DONAZIONI è URGENTE

lunedì 16 marzo 2009

EUROSCUOLA: UN GIORNO DA PARLAMENTARE EUROPEO











Una giornata da protagonisti all'interno del Parlamento Europeo di Strasburgo (Francia) per studenti e professori. Si tratta di Euroscuola il programma che da piu' di 20 anni consente a gruppi di studenti di passare una giornata intera all'interno del parlamento di Strasburgo simulando il lavoro del debutato comunitario, confrontandosi percio' con le diverse culture che compongono il variegato quadro dell'Unione Europea. La giornata tipo inizia la mattina attorno alla 830 quando i vari gruppi confluiscono nell'emiciclo di Strasburgo accolti dai funzionari addetti all'organizzazione, vengono identificati e accompagnati a fare una breve colazione. Attorno alle 1030 vengono accompagnati nell'emiciclo e fatti accomodare nei banchi dei deputati, a quel punto gli viene spiegata la storia delle istituzioni comunitarie e del parlamento, nonché le sfide e le prospettive future dell'unione. Alle 1330 pranzo al ristorante del parlamento al termine vengono fatti gli Eurogame, un gioco a quiz che mette in competizione i vari gruppi. Nel pomeriggio avviene la parte piu' importante con la formazione delle commissioni, 4 ragazzi per scuola confluiscono in questi gruppi di lavoro dove vengono discussi importanti temi di attualità (cittadinana, allargamento, solidarietà ecc), terminata la discussione viene redatto e votato un documento da presentare in aula. Nel frattempo i vari professori riuniti anch'essi in un aula discutono delle diverse esperienze formative e del concetto di Europa nei rispettivi paesi. Terminati i lavori delle commissioni (1600), i ragazzi riaffluiscono nell'emiciclo dove discutono e votano i vari documenti. A conclusione della giornata vengono premiati i vincitori di Eurogames ed ogni scuola sfila con la bandiera del proprio stato ricevendo alla fine una bandiera dell'Unione Europea. Per partecipare o per infornazioni contattare il: eproma@europarl.eu.int

domenica 11 gennaio 2009

DIECI ANNI SENZA FABRIZIO DE ANDRE'

11 gennaio 1999 - 11 gennaio 2009
La Città Vecchia
Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi,una bimba canta la canzone antica della donnaccia
quello che ancor non sai tu lo imparerai solo qui tra le mie braccia.
E se alla sua età le difetterà la competenzapresto affinerà le capacità con l'esperienza dove sono andati i tempi di una volta per Giunone
quando ci voleva per fare il mestiere anche un po' di vocazione.
Una gamba qua, una gamba là, gonfi di vino quattro pensionati mezzo avvelenati al tavolino
li troverai là, col tempo che fa, estate e invernoa stratracannare a stramaledire le donne,
il tempo ed il governo.
Loro cercan là, la felicità dentro a un bicchiereper dimenticare d'esser stati presi per il sedere
ci sarà allegria anche in agonia col vino forte
porteran sul viso l'ombra di un sorriso tra le braccia della morte.
Vecchio professore cosa vai cercando in quel portone forse quella che sola ti può dare una lezionequella che di giorno chiami con disprezzo pubblica moglie.
Quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie.

Tu la cercherai, tu la invocherai più di una notteti alzerai disfatto rimandando tutto al ventisettequando incasserai delapiderai mezza pensione
diecimila lire per sentirti dire "micio bello e bamboccione".
Se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli in quell'aria spessa carica di sale,
gonfia di odori lì ci troverai i ladri gli assassini e il tipo strano
quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano.
Se tu penserai, se giudicheraida buon borghese li condannerai a cinquemila anni più le spese
ma se capirai, se li cercherai fino in fondose
non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo.

lunedì 5 gennaio 2009

ISOLA D'ELBA IN INVERNO: TRA FASCINO, MALINCONIA E PAESAGGI MONTANI

Marciana Alta con alle spalle il monte Capanne innevato.




Spiaggia di margidore inalgata (si dice cosi?)

Ecco come è messa la spiaggia di Lacona d'inverno dopo le mareggiate che ogni anno sconvolgono il paesaggio che il turista, spesso distratto, osserva d'estate. Nei mesi freddi pare che il mare e la natura in generale vogliano ripredersi quello che d'estate gli viene sottratto. Il risultato è un disordine a tratti drammatico che però rilascia un fascino selvaggio e romantico. Della serie forse l'elba meriterebbe di essere maggiormente visitata in questi mesi rispetto a quelli tradizionali delle vacanze estive.