“Della mia infanzia a Fiesole è rimasto praticamente tutto scolpito nella mente ed io affettivamente mi considero sempre un fiesolano, infatti, ogni volta che sono a Firenze torno volentieri a visitare i luoghi che mi hanno visto crescere come uomo e debuttare come attore.” Sono parole del Maestro Giorgio Albertazzi che con estremo piacere ricorda Fiesole ed i luoghi in cui da bambino ed in seguito da ragazzo hanno fatto da cornice alla prima parte della vita di questo straordinario artista italiano. “Io sono nato nell'agosto del 1923 a San Martino a Mensola proprio al confine tra Firenze e Fiesole, precisamente nella dependance della villa I Tatti di proprietà dell'illustre critico di storia dell'arte Bernard Berenson perché mio nonno lavorava alle sue dipendenze come maestro muratore. Venni battezzato nella chiesa di San Martino a Mensola, dal prete di allora di cui mi viene in mente solo il soprannome di 'frusta passere'. Ricordo con affetto quando nella mia famiglia si preparava il presepe nell'attesa dell'Epifania che per noi era considerata più importante del Natale. Mia nonna mascherata da Befana faceva finta di entrare dall'alto, ci diceva un discorso su come ci eravamo comportati e poi lasciava in dono i regali. Le elementari le feci alla scuola Armando Diaz di Ponte a Mensola, proprio in questa frazione il cui nome ricorda il fiume caro a Gabriele D'annunzio vi si trasferì la mia famiglia che comprò un casolare in via Madonna delle Grazie”. Sempre in questa verde e amena zona tra Fiesole e Firenze il giovane Giorgio Albertazzi ha mosso i primi passi da artista anche se a livello amatoriale, “A Settignano c'era un teatrino del 500' dove io ho debuttato, ci arrivai con degli amici di Ponte a Mensola, tra cui Franco Ferrini, dopo aver conosciuto Noris Miniati che si occupava della direzione artistica del teatro. Portammo in scena 'L'allegro Principe' di Athos Ori che considero il mio primo vero maestro. In questa occasione ho conosciuto Bianca Toccafondi che divenne mia compagna artistica e per un bellissimo periodo di tempo la mia fidanzata. Dopo il debutto di Settignano sempre con Athos Ori si mise in scena al Teatro La Pergola di Firenze la commedia di Giuseppe Giacosa, 'Come le foglie' che fu un successo il pubblico, infatti, mi riservò il mio primo applauso a scena aperta che per me fu il vero segnale di via libera per la mia carriera. Con questa compagnia si partecipò a Roma al concorso nazionale di filodrammatica vincendo la finale tra noi ed una compagnia di Bari, a me diedero il premio come miglior attor giovane”. Consacrato dal teatro amatoriale Albertazzi dovette aspettare la fine della Seconda Guerra Mondiale per la consacrazione vera e propria come attore professionista, “Era il 1949 quando al Teatro del Maggio Musicale fiorentino partecipai alla rappresentazione della commedia di Shakespeare 'Troilo e Cressida' per la regia di Luchino Visconti, con Vittorio Gasman ed il meglio del teatro italiano di allora, era un evento unico pensi che erano presenti in sala più di 140 critici di tutto il mondo. Io ero l'unico attore fiorentino, interpretavo il ruolo minore del servo di Cressida, ma per me fu un onore che segnò il mio ingresso ufficiale nel mondo del teatro dei professionisti.” Da quel debutto sono passati sessant'anni un lasso di tempo che ha visto Giorgio Albertazzi affermarsi come grande artista che però non ha mai smesso di interessarsi dei suoi luoghi d'origine e ad osservarne i cambiamenti, “Ritorno sempre volentieri a Fiesole e Firenze, ritengo il Teatro Romano e il Teatro La Pergola i miei due palcoscenici naturali dove esibirmi. In questi anni ho assistito da spettatore ai dibattiti che ci sono stati sulle scelte urbanistiche di queste due amministrazioni, credo che in questi casi ci siano sempre due schieramenti quello dei conservatori e degli innovativi. Da buon architetto mi schiero con i secondi perché sono per una città viva e non che si guarda troppo al passato come fa Firenze. Accanto a grandi monumenti eterni sono d'accordo che ci debbano essere strutture nuove, non mi piace il concetto di città museo, io per esempio rifarei piazza della Signoria con il cotto rosso e naturalmente sono favorevole al passaggio della tranvia in piazza Duomo. Il teatro insegna che il contesto va rese vivibile in modo che risulti fruibile. A Milano ci sono eventi di continuo e mai tempi morti, io ho l'impressione dell'esistenza di una forma di abbandono culturale non di presenza, si parla, infatti, sempre della Firenze di ieri. Bisogna decidersi se fare una Firenze museale o una innovativa ed affidarla per esempio a due artisti fiorentini, Franco Zeffirelli e Giorgio Albertazzi, e qui mi fermo e chiudo l'intervista”.
Blog personale di Alessandro Allori, un italiano a Lisbona. Organizzo escursioni e visite guidate della città e dei paraggi in italiano. Non lavorando per grandi compagnie voglio farvela conoscere per come la vedono i miei occhi. Una Lisbona oltre la retorica.
martedì 22 dicembre 2009
GIORGIO ALBERTAZZI: LA FIRENZE CHE HO VISTO E LA FIRENZE CHE VORREI
“Della mia infanzia a Fiesole è rimasto praticamente tutto scolpito nella mente ed io affettivamente mi considero sempre un fiesolano, infatti, ogni volta che sono a Firenze torno volentieri a visitare i luoghi che mi hanno visto crescere come uomo e debuttare come attore.” Sono parole del Maestro Giorgio Albertazzi che con estremo piacere ricorda Fiesole ed i luoghi in cui da bambino ed in seguito da ragazzo hanno fatto da cornice alla prima parte della vita di questo straordinario artista italiano. “Io sono nato nell'agosto del 1923 a San Martino a Mensola proprio al confine tra Firenze e Fiesole, precisamente nella dependance della villa I Tatti di proprietà dell'illustre critico di storia dell'arte Bernard Berenson perché mio nonno lavorava alle sue dipendenze come maestro muratore. Venni battezzato nella chiesa di San Martino a Mensola, dal prete di allora di cui mi viene in mente solo il soprannome di 'frusta passere'. Ricordo con affetto quando nella mia famiglia si preparava il presepe nell'attesa dell'Epifania che per noi era considerata più importante del Natale. Mia nonna mascherata da Befana faceva finta di entrare dall'alto, ci diceva un discorso su come ci eravamo comportati e poi lasciava in dono i regali. Le elementari le feci alla scuola Armando Diaz di Ponte a Mensola, proprio in questa frazione il cui nome ricorda il fiume caro a Gabriele D'annunzio vi si trasferì la mia famiglia che comprò un casolare in via Madonna delle Grazie”. Sempre in questa verde e amena zona tra Fiesole e Firenze il giovane Giorgio Albertazzi ha mosso i primi passi da artista anche se a livello amatoriale, “A Settignano c'era un teatrino del 500' dove io ho debuttato, ci arrivai con degli amici di Ponte a Mensola, tra cui Franco Ferrini, dopo aver conosciuto Noris Miniati che si occupava della direzione artistica del teatro. Portammo in scena 'L'allegro Principe' di Athos Ori che considero il mio primo vero maestro. In questa occasione ho conosciuto Bianca Toccafondi che divenne mia compagna artistica e per un bellissimo periodo di tempo la mia fidanzata. Dopo il debutto di Settignano sempre con Athos Ori si mise in scena al Teatro La Pergola di Firenze la commedia di Giuseppe Giacosa, 'Come le foglie' che fu un successo il pubblico, infatti, mi riservò il mio primo applauso a scena aperta che per me fu il vero segnale di via libera per la mia carriera. Con questa compagnia si partecipò a Roma al concorso nazionale di filodrammatica vincendo la finale tra noi ed una compagnia di Bari, a me diedero il premio come miglior attor giovane”. Consacrato dal teatro amatoriale Albertazzi dovette aspettare la fine della Seconda Guerra Mondiale per la consacrazione vera e propria come attore professionista, “Era il 1949 quando al Teatro del Maggio Musicale fiorentino partecipai alla rappresentazione della commedia di Shakespeare 'Troilo e Cressida' per la regia di Luchino Visconti, con Vittorio Gasman ed il meglio del teatro italiano di allora, era un evento unico pensi che erano presenti in sala più di 140 critici di tutto il mondo. Io ero l'unico attore fiorentino, interpretavo il ruolo minore del servo di Cressida, ma per me fu un onore che segnò il mio ingresso ufficiale nel mondo del teatro dei professionisti.” Da quel debutto sono passati sessant'anni un lasso di tempo che ha visto Giorgio Albertazzi affermarsi come grande artista che però non ha mai smesso di interessarsi dei suoi luoghi d'origine e ad osservarne i cambiamenti, “Ritorno sempre volentieri a Fiesole e Firenze, ritengo il Teatro Romano e il Teatro La Pergola i miei due palcoscenici naturali dove esibirmi. In questi anni ho assistito da spettatore ai dibattiti che ci sono stati sulle scelte urbanistiche di queste due amministrazioni, credo che in questi casi ci siano sempre due schieramenti quello dei conservatori e degli innovativi. Da buon architetto mi schiero con i secondi perché sono per una città viva e non che si guarda troppo al passato come fa Firenze. Accanto a grandi monumenti eterni sono d'accordo che ci debbano essere strutture nuove, non mi piace il concetto di città museo, io per esempio rifarei piazza della Signoria con il cotto rosso e naturalmente sono favorevole al passaggio della tranvia in piazza Duomo. Il teatro insegna che il contesto va rese vivibile in modo che risulti fruibile. A Milano ci sono eventi di continuo e mai tempi morti, io ho l'impressione dell'esistenza di una forma di abbandono culturale non di presenza, si parla, infatti, sempre della Firenze di ieri. Bisogna decidersi se fare una Firenze museale o una innovativa ed affidarla per esempio a due artisti fiorentini, Franco Zeffirelli e Giorgio Albertazzi, e qui mi fermo e chiudo l'intervista”.
sabato 1 agosto 2009
L'AMORE AL TEMPO DI FACEBOOK
Navigavo a vista quella sera, una sola certezza nel mare in tempesta dei miei pensieri era lei e solo lei e nient'altro che lei. Non era un ossessione ma una concreta aspettativa di vedere Anna quella fredda era d'inverno arrivare in scooter, come al solito in ritardo, salutarmi dal semaforo con sguardo beffardo e subito dopo parcheggiare sotto la pensilina della stazione di Santa Maria Novella a Firenze. Era un piacere avvicinarmi e vedere i suoi occhi, il suo sorriso, la sua bella bocca. Sapevo che quella sera sarebbe stato l'ultimo incontro con chi da circa un mese mi aveva dato la felicità, aperto una piccola fessura nel mio cuore inaridito da continue attese disattese, da speranze svanite in un addio o semplicemente in un telefono staccato. Lei invece esisteva era lì davanti a me. La vita a volte, anzi spesso, pone una persona di fronte ad un bivio e ci obbliga a fare delle scelte precise che mettono in gioco il tuo futuro, sai che dietro a quelle decisioni sta il cosiddetto avvenire che tutti inseguono nella speranza di una realizzazione di vita. Non sono mai stato un buon inseguitore. Proprio una settimana prima di uscire la prima volta con Anna mi era arrivata la notizia che avevo vinto una borsa di studio di sei mesi per un tirocinio giornalistico presso la sede delle Nazioni Unite a New York. Una botta di culo che, come si suol dire, ti capita una volta nella vita. Io piccolo giornalista pubblicista italiano sfruttato e bistrattato in patria per qualche mese tra i grandi del pianeta a cercare di capire, intuire, comprendere come vanno veramente le cose nel mondo e naturalmente a costruirmi un futuro. Mi sentivo un mito. Fu, infatti, uno dei primi discorsi che tirai fuori la sera del primo appuntamento con Anna, alle 10 in piazza Santa Croce di fronte la statua di Dante; arrivò con mezz'ora di ritardo e capii subito che la puntualità non era per niente il suo forte. Fu il primo di tanti piacevoli ritardi. Anna la conobbi una sera in un pub, quando reduce da una cena decisi di fermarmi in quel locale per salutare un mio amico. Lo confesso, quella sera ero piuttosto sbronzo e quando mi venne presentata la mia prima preoccupazione era stata quella di non dire troppe cavolate. Mi colpì subito la sua bella bocca e il suo sorriso ed il modo austero ma allo stesso tempo semplice di porsi. Stette poco perché il giorno dopo avrebbe dovuto lavorare allo studio veterinario dove svolgeva il tirocinio post laurea. Nonostante le mie precarie condizioni quel volto mi rimase impresso e il giorno dopo decisi di avvalermi, per cercarla, del più moderno e popolare mezzo di auto - esibizionismo attualmente in circolazione, cioè facebook. Decisi di cercare tra i contatti del mio amico e con un po' di fortuna la trovai. Le chiesi l'amicizia ed accettò. Il dialogo virtuale tra me e lei iniziò la sera stessa quando vidi che era nella chat. La contattai immediatamente. Non sapendo effettivamente che dire le chiesi, facendo il finto tonto, se era veramente lei visto che casualmente avevo notato la sua foto tra i contatti del mio amico . Mi smontò in due secondi dicendo che potevo pensarlo meglio l'approccio. Dopo una settimana di trattative ottenni il suo numero di telefono, dopo due il primo appuntamento. Non capivo se se la tirava, aveva il ragazzo o era semplicemente il suo carattere attendista, ma quell'uscita me la fece sudare. La sera del primo appuntamento andò bene, si parlò a lungo delle nostre vite, scoprii una ragazza dolce e in gamba che si batteva dignitosamente in un mondo, nel quale noi viviamo, cinico e pieno di ostacoli che in gergo si chiamano precariato e sfruttamento. Trovai in lei molte affinità mentali e caratteriali anche se notai un certo egocentrismo e narcisismo nel suo modo di essere, ma non sempre queste caratteristiche sono per forza negative, dipende da come si usano pensai. A non rendere perfetta quella sera mancò solo l'approccio, l'unico atto tattile che riuscii a chiedergli è stato quello di accarezzare i suoi capelli ondulati, colorati di un rosso ennè accattivante e sensuale. Per il resto mi trattenni a causa di un oscuro disegno mentale che mi ero fatto che consisteva nel convincimento che il momento giusto per baciare una ragazza fosse al terzo appuntamento. La seconda volta che uscimmo insieme è stata in occasione di una serata in pizzeria assieme ai nostri amici in comune. Lei arrivò in ritardo, quella volta ebbi la conferma dagli altri che era una sua consuetudine. Con una certa sorpresa vidi che non mi considerò molto, feci altrettanto dando più spazio agli altri, alla fine verso le 10 ci si congedò ed andai a casa. Arrivato nel mio appartamento, mi resi conto che ero leggermente febbricitante, accesi come d'abitudine il computer e mi collegai su facebook, Anna era lì. Fu lei a contattarmi chiedendomi se avevo voglia di prendere una birra. Non ci pensai su due volte, pazienza per la febbre, mi rivestii e corsi come un pazzo in scooter in
direzione di piazza Beccaria luogo dell'appuntamento. La serata scorse piacevole anche se alla fine non fu molto esaltante. Era quindi arrivato il momento del terzo e, per la mia mente, decisivo appuntamento. Gli proposi di andare al cinema ed alcuni titoli di film, me li bocciò tutti, ne propose uno lei ambientato in 'India, accettai. Questa volta non potevo fallire. Il film sull'India alla fine risultò migliore delle aspettative, subito dopo si cercò un posto dove andare a bere qualcosa ma era troppo tardi i locali erano tutti chiusi, tranne uno. Si trattava di un posto dove ballavano danze latino americane. Naturalmente non sapevo ballare, passammo infatti la serata a chiacchierare sino a quando un cameriere ci comunicò che erano in chiusura. Io ero già in mezza paranoia, non avevo baciato Anna. Il tragitto fu per me traumatico, a mano a mano che ci avvinavamo al posto dove avevamo parcheggiato gli scooter sentivo un battito di orologio sempre più forte, ad un tratto circa all'altezza del cinema quel battito divenne una campana. Mi fermai, lei notò la mossa si girò a quel punto la baciai. Non trattenni l'impeto e il risultato fu tutt'altro che romantico in quanto gli infilai praticamente tutta la lingua in bocca. Completamente sorpresa ed arrossita mi chiese il perché del bacio, le spiegai che era dalla prima sera che volevo farlo e la mia strana teoria del terzo appuntamento. Lei mi spiegò che se glielo avessi chiesto mi avrebbe baciato già dal primo incontro e visto che non lo avevo fatto mi aveva già inserito nella lista degli amici. Dentro di me mi sentii un cretino. Passammo due ore sui dei gradini dell'entrata di un palazzo a baciarci, il grande passo era fatto.
lunedì 13 luglio 2009
INAUGURAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO: INNO ALLA GIOIA E ALZABANDIERA
Inno alla Gioia di Beethoven eseguito dalla filarmonica di Strasburgo
Alzabandiera
lunedì 22 giugno 2009
VIAGGIO NEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI NATZWEILER-STRUTHOF
lunedì 1 giugno 2009
GENERALMENTE SONO DI PICCOLA STATURA E DI PELLE SCURA
Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più.La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione”.
Dalla relazione dell’ Ispettorato per l’ immigrazione del Congresso degli Stati Uniti sugli immigrati italiani
giovedì 28 maggio 2009
SPECIALE ELEZIONI EUROPEE 2009: COS'E' IL PARLAMENTO EUROPEO?
martedì 26 maggio 2009
LA RAGAZZA DELL' AUTOBUS
sabato 25 aprile 2009
BUON 25 APRILE A TUTTI
Antonio Gramsci - Indifferenti
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.lunedì 6 aprile 2009
HELP TO ABRUZZO NOW SUBITO
(notizia Corriere.it)
7/4/2009 ROMA - Appello dei Centri di servizio per il volontariato (Csv) di Pescara a tutti i volontari di Pescara e provincia, a contribuire nei limiti delle loro possibilità ad aiutare le popolazioni colpite dal terremoto. Le associazioni di volontariato o i singoli volontari interessati a mettersi a disposizione per l'emergenza terremoto che ha colpito l'Abruzzo possono contattare il Centro operativo della Protezione Civile presso la Prefettura di Pescara, telefonando allo 085 2057631.
(NOTIZIA ANSA)
L'Abruzzo si sta appoggiando all'Avis del Lazio, CERCANO URGENTEMENTE SANGUE DI RH 0 NEGATIVO. Per INFO 06 491340, per favore fate di questo post il vostro status.
Donazione sangue Terremoto Aquila lunedi 6 2009
Serve sangue per i terremotati dell'Aquila e le zone del terremoto circostanti ecco le informazioni necessarie
12:51 Elenco ambulatori nel Lazio dove donare il sangueElenco degli ambulatori nel Lazio dove si puiò donare il sangue.Policlinico Umberto I;ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli; ospedale Sandro Pertini; Policlinico Tor Vergata; ospedale San Giovanni Evangelista Tivoli; ospedale Delfino Parodi Colleferro; San Giovanni Addolorata; Cto; ospedale S. Eugenio; ospedale civile di Velletri; ospedale civile di Frascati; ospedale civile di Anzio/Nettuno; San Camillo Forlanini; ospedale Grassi di Ostia;ospedale Pediatrico Bambino Gesù;I.F.OSan Filippo Neri; ospedale S. Andrea; ospedale San Pietro FBF; ospedale S. Spirito;ospedale civile San Paolo di Civitavecchia;policlinico Gemelli; ospedale degli Infermi di Viterbo; ospedale Civile di Rieti; centro trasfusionale di Frosinone; ospedale S.S. Trinità di Sora;ospedale S.M. Goretti di Latina; presidio ospedaliero di Formia
CHIAMATE AL 06/68201 è LA PROTEZIONE CIVILECHIEDETE ALL AVIS PER LE DONAZIONI è URGENTE
lunedì 16 marzo 2009
EUROSCUOLA: UN GIORNO DA PARLAMENTARE EUROPEO
domenica 11 gennaio 2009
DIECI ANNI SENZA FABRIZIO DE ANDRE'
Tu la cercherai, tu la invocherai più di una notteti alzerai disfatto rimandando tutto al ventisettequando incasserai delapiderai mezza pensione